Messaggi in bottiglia

Le poesie, sono messaggi in bottiglia,
sono richieste d’aiuto mandate al vento,
sono l’antidoto desiderato alla solitudine,
non basta cogliere il cuore e l’anima
se nessuno risponde al grido dì aiuto
e la voce si perde nel frastuono
di mille persone affaccendate
nelle cose più inutili e futili, nei pensieri
del quotidiano, che assorbe ogni cosa,
rimane poco o niente spazio
per capire, ed afferrare le parole,
ed il loro profondo significato.
Immenso urlo che richiama ognuno
al suo posto deciso da Dio o dal fato.
Le poesie, sono messaggi in bottiglia,
il marinaio disperso nel mare sono io.
Frainteso ad ogni mio gesto, distorto
ogni mio minimo atto d’amore…

I francesi

 

I francesi son nostri cugini,
son cugini degli spagnoli,
dei portoghesi e dei romeni,
ma loro hanno la grandeur!
Vero è, che ella è vasta:
dalla Normandia alla Corsica,
Napoleone era abruzzese
o napoletano, non certo francese.
Genova, perse la Corsica per debiti
di guerra verso l’esagono gallico,
ma ella era di Pasquale Paoli
era illuminata nazione,
ammirata da Rousseau
a James Boswell a Voltaire.
Li ammiro per molte cose:
la Gioconda, Yves Montand
Serge Reggiani e Lino Ventura,
per l’impressionismo e Modigliani,
per le vigne e la Ettore Bugatti
Son nostri cugini, sono un po’ matti,
matti e presuntuosi, sono boriosi,
altezzosi e superbi, sono Galli!
Ed a questi se non ti fan dormir,
gli si tira il collo…

Notte insonne

Notte insonne, mille parole,
mille immagini deformi, nella testa,
cerco una strada, un percorso
verso il riposo, verso il giusto sonno,
nulla da fare! L’ansia e l’agitazione
hanno un crudele sopravvento,
mi alzo, ma la stanchezza pesa
sugli occhi, sulle spalle, su tutto.

Un sottile fischio alle orecchie
un ronzio nella testa, scuoto il capo
guardo dietro a me quel che resta,
son quasi le cinque, dovrei dormire,
ma il sonno m’è nemico stanotte,
bussa alla mia porta chiusa
il mio spirito inquieto non vuole aprire…

Quand’ero ragazzo

Delle corse automobilistiche,
fossero rally o di velocità pura
andavo pazzo, vivevo nel Principato
per queste cose ero viziato.
Con gli amici, si faceva tanta strada,
per raggiungere in un tornante
particolare del Turinì, nel buio
della notte, squarciata dai fari
e dalle ombre multicolori sfreccianti,
nel freddo bevevamo caffè bollente,
con noi c’era un mare di gente,
nascosta tra le siepi e gli alberi,
infreddolita ed elettrizzata
dai grandi campioni del motore,
che sfidavano la forza della gravità
facendo volare come leggere farfalle,
i mostri rombanti come grevi tuoni,
ci sfrecciavano davanti per un attimo
poi, scomparivano nel buio della notte
dietro la curva, portando via i loro colori,
ove le ombre d’alberi secolari e maestosi,
frastornati e sorpresi da tanto rumore
ci osservavano silenti, immobili e muti
dall’alto del loro immenso stupore…

Non c’è verso di dormire

Mi giro e rigiro nel letto,
come fossi posseduto,
sarà la tensione che sale,
via via che il giorno s’avvicina,
la paura da palcoscenico,
che sale e invade ogni cellula
ogni più piccola mia parte,
di fragile e sensibile libellula,
che ha dedicato a Calliope
quel che di se stessa ha salvato,
dal terremoto esistenziale
che ha tentato di porre fine,
al battito del suo cuore,
e delle sue virtuose ali,
s’avvicina il fatidico giorno
una corona d’alloro
e di rosso gelso…

Jai guru deva om!

Jai guru deva om!
grazie ti saluto maestro divino,
ho bucato una gomma,
ho perso una candela d’accensione,
ho spaccato il bastone, mia 3° gamba,
in questo mondo che corre veloce,
stare fermi o esser lenti è una croce.

Jai guru deva om!
grazie ti saluto maestro divino.
la mente corre alla mia Smart,
alla mia verde vespa, al mio Beverly.
a passo lento, sbarello per la strada,
il cuore ha un sobbalzo, una palpitazione,
ad ogni passaggio pedonale.

Jai guru deva om!
Ai ciclisti che mi fanno il pelo,
all’uscita del Bar dopo la colazione.
Dicono che sono la mia fissazione,
forse han ragione, sono invidioso
del loro andar veloci e lesti,
su quei tubolari smilzi.

Su quel sottile sellino,
un coltello a serramanico!
Jai guru deva om!

 

 

Nemo propheta in patria

Vorrei che le battaglie
si svolgessero in versi,
in rime baciate o disordinate,
vorrei che il mondo vivesse
un’utopia, abbassasse i toni
dimenticasse le profezie,
portatrici di disgrazie,
messaggere di sciagure,
la guerra tra Maometto
ed il nostro mondo, può condurci
al disastro, una via senza ritorno,
una guerra di religione antica,
cresciuta nell’odio e nell’ortica.

Vogliono, la nostra sottomissione!
Farci schiavi, soggiogati dal timore,
impauriti dalla loro spavalderia,
disposti a morire per il sogno
di un paradiso lussurioso,
lascivo e ricompensatore
d’una frustrazione centenaria,
d’aver oziato sull’oro nero,
per dominare il mondo intero.
Adonis come Dante, è dimenticato.
Nemo propheta in patria…

p.s.: Adonis o Adunis, pseudonimo di Alī Ahmad Sa’īd Isbir è un poeta e saggista siriano. Wikipedia

Carpe diem

Siamo comete di sangue
di sangue ed ossa, senza luce
senza coda sfavillante,
effimere esistenze senza traccia,
abbarbicati disperatamente
nel vuoto su una roccia,
che vaga nel firmamento
da miliardi di anni, o forse
da un secondo, nulla è sicuro,
l’agitarsi assieme ai nostri simili,
sposta di poco le lancette.

Ananke è paziente e non ha furia,
il tempo è il suo respiro
ossigeno vitale, ci osserva
con il suo occhio dolce e cinico,
la pazienza è la sua forza,
nulla e nessuno la può fermare.
Vivete le vostre passioni,
provate le vostre emozioni,
non c’è un seconda occasione.
Cogliete l’attimo: “Carpe diem”

Ventimiglia e l’Elba

Volete trovare le mie radici?
Non le troverete nello stretto di Sicilia,
ma tra i carrugi di Ventimiglia
e di Genova, nelle canzoni di De André
nelle colline dell’imperiese,
tra le mille palme di Bordighera,
nei barbagiuai, nella focaccia,
nel brandacujun, nel vino rossese.
Le mie radici son rimaste sospese,
tra la Liguria e il mio errante passato,
un cammino lungo l’Italia,
da profugo scacciato, reietto colone.
Ho scavato un solco in Toscana,
vi ho messo i semi, ed ho innaffiato,
un uragano ha tentato di portarlo via,
ma il muro ha retto, il seme è cresciuto.
Le radice son ancor fragili e poco profonde,
ma col tempo s’irrobustiranno,
date tempo al tempo, ho trovato
finalmente la terra adatta,
su cui far posare le mie foglie,
su cui poter far riposare un giorno,
le mie inquiete e ansiose spoglie,
l’Elba m’osserva da lontano,
suggerendomi immagini
in bianco e nero di me bambino…